Tracce indelebili di ataviche mutazioni. Acqua, rocce, aria. Miscelati chissà come e quando, fino a formare scenari di un habitat apparentemente omogeneo, in realtà tutto da scoprire. Mescolati ancora, con l’opera dell’uomo, del suo costante lavoro. Opera muta, spesso dimenticata, ma che ha forgiato la vallata: l’ha fatta ‘genius loci’. Con quale ‘genialità del sito’? Quella di essere una zona che consente d’intuire, intravedere nel paesaggio atmosfere incomprese.
Vedi, ammiri, il panorama ti sembra omologo e in realtà è un trionfo della diversità. Quella che affascina per la spontaneità; per come i confini s’intersecano tra acqua e cielo, terre e pareti rocciose, tutte sfumate, l’una nell’altra. Con archetipi naturali decisamente significativi. Che testimoniano una tradizione agricola, una storia intrecciata con viti e vite, tra conservazione e innovazione. In quanto la valle punta sulla tradizione per sviluppare la sua fisionomia, applicando (quasi) inconsciamente il significato meno noto della parola ‘tradizione’. Quella dal latino ‘tradizio’, derivazione greca di ‘tradere’, vale a dire consegnare e trasmettere significati che hanno legami con il concetto di ‘tradimento’. Anche se questo è inteso come una ‘consecutio’ della specificità ambientale, per affermare il valore identitario di tutto quanto è legato, è vicino alla propria origine, per ‘aprire alla luce la terra natale’.
Viti e vini di un luogo, tra acque e brezze benefiche.
Lecci, ulivi, soprattutto viti. Poche altre località alpine possono vantare un culto della vite così singolare. Una vallata dove i filari quasi si confondono nell’azzurro degli specchi d’acqua e il terso cielo blu alpino. Viti da secoli coltivate su campi strappati alla montagna. Su terrazzamenti che hanno fortunatamente impedito lo sfruttamento intensivo del territorio. Qui non si vedono vigneti senza imperfezioni. L’estetica è ancora frutto della mano dell’uomo, del vignaiolo. Mano sicura ha piantato ‘ad occhio’ il filare, rispettato il crinale della collina, la (giusta) direzione dell’esposizione verso il sole del pomeriggio. Ecco perché tuttora in questa vallata i vini si distinguono in quanto raccontano il territorio dove nascono. Racchiudono saperi. Non solo sapori. Ma come capire questa vallata? Basta lasciarsi guidare dal paesaggio. Usando il vento, l’Ora. Vènt, brezze, folate che trasmettono voci, suoni, condizionano microclimi, e quindi colture e culture.
- Dal vento inizia tutto, l’identità di un territorio come la Valle dei Laghi, Foll è lo Chardonnay, unico, complesso, vivace ed elegante.
- La pietra, come elemento fondante del terreno su cui crescono le nostre viti, Las è il Lagrein rotondo, corposo, tenace.
- Il nostro attaccamento alla storia, rappresentato da un capitello che delimita i nostri vigneti, Praàl è il Pinot Bianco incredibilmente armonioso.
- L’importanza delle persone, l’apertura a ciò che viene da fuori e che all’inizio non conosciamo, Da Fòra è il Manzoni Bianco intrigante, profumato, nuovo.
- La passione, dalla vigna al calice, percepibile nell’aria fresca in Valle dei Laghi, Baticòr è il Pinot Nero elegante, delicato e raffinato.
- Quando la tradizione si unisce al carattere di un territorio, Largiller, un vino che ha saputo reinterpretare e valorizzare le qualità dell’unico vitigno bianco autoctono trentino, la Nosiola.
- Le bollicine che lievi si ergono dai più vocati appezzamenti di Chardonnay e Pinot Nero della Valle dei Laghi, Vènt Extra Brut con oltre 36 mesi sui lieviti e Vènt Riserva con oltre 60 mesi sui lieviti.
L’idea alla base di tutti questi vini è sorprendere sin dal primo assaggio portando alla mente ricordi della Valle dei Laghi, dei suoi idilliaci paesaggi, di un’aria salubre e fresca, in cui crescono le viti di Cantina Toblino, coltivate giorno per giorno con grande passione.